Fino ad ora ho evitato di parlare di razzismo, inclusione,
diversità, tutti temi che hanno avuto un grande spazio nella comunità
internazionale della maglia, con qualche riflesso anche nella comunità
italiana.
Personalmente non
ho avuto modo di assistere a fatti di razzismo o emarginazione in questo
ambiente e quindi non ritengo di essere la persona più adatta a parlarne o
farne testimonianza. Ma naturalmente seguo e leggo chi ne parla, ascolto le
altrui testimonianze, cerco di capire.
Ho deciso di intervenire
solo perché ho notato alcuni aspetti spiacevoli che credo che possano spostare
l’attenzione da ciò che invece dovrebbe essere il cuore della discussione:
essere aperti, gentili, il più possibile senza pregiudizi, vedere nell’altro un
riflesso di se stessi.
Uno di questi
aspetti è il dito puntato. Leggo di persone che chiedono scusa per essere
bianche e privilegiate (come se avessero scelto di nascere in una famiglia di
media borghesia invece che in un villaggio colombiano), e con un candore che mi
lascia basita dichiarano che fino ad ora non si erano accorte della sofferenza
degli emarginati, e che da oggi in poi faranno la loro parte.
La loro parte. Bello.
Ma non parliamo di fare volontariato alla Caritas, di portare medicine in
Afghanistan o di partire con la Sea Watch. La loro parte consiste essenzialmente
nel riempire le loro bacheche Instagram di frasi antirazziste e di far
rimbalzare discussioni che avvengono altrove. Perché l’importante è parlarne.
Ma, soprattutto,
si permettono di puntare il dito su chi a loro dire si professa indifferente e
non abbraccia questa sorta di attivismo virtuale.
Ecco. Il dito
puntato è il neo di tutta la faccenda. Perché è bello dire che dobbiamo essere
migliori, però poi dovremmo anche sforzarci di esserlo. Magari iniziando a togliere
quel dito.
Vorrei chiarire
che a me fa piacere che si parli di torti ed ingiustizie, ma quando i fatti
diventano argomenti di tendenza, lo confesso, tendo ad innervosirmi.
Ma non vorrei
essere fraintesa: le persone che si buttano a capofitto in queste discussioni,
con fervore e passione, che prendono a cuore questi argomenti, in realtà
dimostrano di essere empatiche e di voler fare qualcosa per cambiare il mondo.
Semplicemente mi
domando se questa sia la strada corretta.
Non le giudico,
ma non le imito. Sono troppo occupata a pensare agli errori che faccio ogni
giorno, e a cosa fare per rimediare, a come coltivare il rapporto che ho con le
persone reali (ovvero quelle che vivono nella mia realtà quotidiana), a trovare
il modo per essere migliore con loro, a non sottolineare i loro sbagli
sorvolando sui miei (cosa che tendo a fare troppo spesso), ad accettare di non
essere considerata da quella o quell’altra persona come invece vorrei, a
perdonare, a ricordarmi di essere qui e adesso. Cavoli, non roba da poco.
Ho dei vicini di
casa che mi hanno insegnato moltissimo. Premetto che vivono nell’appartamento
sopra il mio, quindi hanno il totale controllo di cosa avviene nel mio
giardino, oggetto di continui giudizi e discussioni. Sono persone di una certa
età, assidui frequentatori di messa domenicale, di sesso al venerdì pomeriggio,
di imbarazzanti litigi coniugali conditi di urla e insulti. Gente capace di dichiararsi "brave persone" per giustificarsi di aver denunciato un inesistente abuso
edilizio, lasciando senza parole me e i due vigili urbani, davanti ad una
fioriera.
Queste persone mi
hanno insegnato la tolleranza. Attenzione: non sto parlando di sottomissione.
Una volta constatata la cattiveria e la sgradevole intromissione nella mia
vita, ho dovuto reagire con veemenza, mostrando loro dei paletti oltre i quali
non avrebbero dovuto avanzare. Ho dovuto alzare la voce, minacciarli e
insultarli, ma ho sempre fatto ciò che chiedevano se la richiesta era
ragionevole, ovvero ho imparato a non lasciare che il mio agire fosse
influenzato dal loro comportamento passato, ma solo da quello del momento. Il
qui e adesso di cui parlavo prima.
A prescindere da
ciò che penso di loro, ciò che conta è come mi comporto con loro.
Love and peace by iamsami on www.deviantart.com |
Ecco. Io vorrei
che imparassimo ad essere gentili e ad agire in modo equo anche nei confronti
di chi non ci piace. Perché mica è detto che debbano piacerci tutti.
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