Ascoltando Michael



Fino ad ora ho evitato di parlare di razzismo, inclusione, diversità, tutti temi che hanno avuto un grande spazio nella comunità internazionale della maglia, con qualche riflesso anche nella comunità italiana.
Personalmente non ho avuto modo di assistere a fatti di razzismo o emarginazione in questo ambiente e quindi non ritengo di essere la persona più adatta a parlarne o farne testimonianza. Ma naturalmente seguo e leggo chi ne parla, ascolto le altrui testimonianze, cerco di capire.
Ho deciso di intervenire solo perché ho notato alcuni aspetti spiacevoli che credo che possano spostare l’attenzione da ciò che invece dovrebbe essere il cuore della discussione: essere aperti, gentili, il più possibile senza pregiudizi, vedere nell’altro un riflesso di se stessi.
Uno di questi aspetti è il dito puntato. Leggo di persone che chiedono scusa per essere bianche e privilegiate (come se avessero scelto di nascere in una famiglia di media borghesia invece che in un villaggio colombiano), e con un candore che mi lascia basita dichiarano che fino ad ora non si erano accorte della sofferenza degli emarginati, e che da oggi in poi faranno la loro parte.
La loro parte. Bello. Ma non parliamo di fare volontariato alla Caritas, di portare medicine in Afghanistan o di partire con la Sea Watch. La loro parte consiste essenzialmente nel riempire le loro bacheche Instagram di frasi antirazziste e di far rimbalzare discussioni che avvengono altrove. Perché l’importante è parlarne.
Ma, soprattutto, si permettono di puntare il dito su chi a loro dire si professa indifferente e non abbraccia questa sorta di attivismo virtuale.
Ecco. Il dito puntato è il neo di tutta la faccenda. Perché è bello dire che dobbiamo essere migliori, però poi dovremmo anche sforzarci di esserlo. Magari iniziando a togliere quel dito.
Vorrei chiarire che a me fa piacere che si parli di torti ed ingiustizie, ma quando i fatti diventano argomenti di tendenza, lo confesso, tendo ad innervosirmi.
Ma non vorrei essere fraintesa: le persone che si buttano a capofitto in queste discussioni, con fervore e passione, che prendono a cuore questi argomenti, in realtà dimostrano di essere empatiche e di voler fare qualcosa per cambiare il mondo.
Semplicemente mi domando se questa sia la strada corretta.
Non le giudico, ma non le imito. Sono troppo occupata a pensare agli errori che faccio ogni giorno, e a cosa fare per rimediare, a come coltivare il rapporto che ho con le persone reali (ovvero quelle che vivono nella mia realtà quotidiana), a trovare il modo per essere migliore con loro, a non sottolineare i loro sbagli sorvolando sui miei (cosa che tendo a fare troppo spesso), ad accettare di non essere considerata da quella o quell’altra persona come invece vorrei, a perdonare, a ricordarmi di essere qui e adesso. Cavoli, non roba da poco.
Ho dei vicini di casa che mi hanno insegnato moltissimo. Premetto che vivono nell’appartamento sopra il mio, quindi hanno il totale controllo di cosa avviene nel mio giardino, oggetto di continui giudizi e discussioni. Sono persone di una certa età, assidui frequentatori di messa domenicale, di sesso al venerdì pomeriggio, di imbarazzanti litigi coniugali conditi di urla e insulti. Gente capace di dichiararsi "brave persone" per giustificarsi di aver denunciato un inesistente abuso edilizio, lasciando senza parole me e i due vigili urbani, davanti ad una fioriera.
Queste persone mi hanno insegnato la tolleranza. Attenzione: non sto parlando di sottomissione. Una volta constatata la cattiveria e la sgradevole intromissione nella mia vita, ho dovuto reagire con veemenza, mostrando loro dei paletti oltre i quali non avrebbero dovuto avanzare. Ho dovuto alzare la voce, minacciarli e insultarli, ma ho sempre fatto ciò che chiedevano se la richiesta era ragionevole, ovvero ho imparato a non lasciare che il mio agire fosse influenzato dal loro comportamento passato, ma solo da quello del momento. Il qui e adesso di cui parlavo prima.
A prescindere da ciò che penso di loro, ciò che conta è come mi comporto con loro.

Love and peace by iamsami on www.deviantart.com

Ecco. Io vorrei che imparassimo ad essere gentili e ad agire in modo equo anche nei confronti di chi non ci piace. Perché mica è detto che debbano piacerci tutti.

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