Mohair

Questo articolo è la trasposizione scritta del secondo episodio del podcast "Parole a maglia" che è possibile ascoltare QUI.

Parole a maglia è un podcast audio, ma anche un vlog su YouTube. Entrambi sono dedicati al lavoro a maglia e a tutto ciò che vi gira intorno, la storia, le tecniche, l’economia, gli aspetti psicologici e tanto altro.

Io sono Francesca e oggi vi parlo del mohair. Buon ascolto!

Il mohair è un filato pregiato, eppure c’è chi proprio non lo ama… come il caviale! Ma facciamo un passo alla volta e partiamo dalla definizione: il mohair è una fibra di origine animale, infatti deriva dal pelo della capra d'Angora, una razza turca, probabilmente originaria del Tibet, che ha la caratteristica poco comune tra le capre di possedere un vello dal quale è possibile ottenere un filato morbido. 

E’ conosciuta sin dai tempi di Mosé, tanto che nella Bibbia si parla di filare il pelo di capra (cito dall’Esodo): “Tutte le donne abili filarono con le proprie mani e portarono i loro filati di color violaceo, porporino, scarlatto, e del lino fino. Tutte le donne il cui cuore spinse a usare la loro abilità, filarono del pelo di capra.”

Questa capra arrivò in Europa a metà del 1500, al seguito di Carlo V d’Asburgo, l’imperatore del Sacro Romano Impero, ovvero l’"impero sul quale non tramontava mai il sole" che comprendeva in Europa i Paesi Bassi, la Spagna e il Sud Italia aragonese, i territori austriaci, il Sacro Romano Impero germanico esteso su Germania e Nord Italia, nonché le vaste colonie castigliane e una colonia tedesca nelle Americhe. Carlo V, aveva ripreso il progetto degli imperatori medievali e si poneva come obiettivo quello di unire in una monarchia universale cristiana gran parte dell'Europa. In linea con il suo progetto universalistico, Carlo V viaggiò continuamente nel corso della sua vita, anche per difenderne i confini dai continui attacchi nemici. E in occasione degli scontri con l’Impero Ottomano, prima per difendere Vienna dai turchi, poi in Nord Africa, evidentemente venne a contatto con questa (tra virgolette) nuova razza di capra, dal pelo tanto particolare.

Ma il vero e proprio allevamento di questa razza iniziò a diffondersi in Europa nella seconda metà del Settecento, prima ad opera degli Spagnoli poi dei Francesi. Nel 1838 vengono esportati i primi capi in Sudafrica e intorno a metà Ottocento negli Stati Uniti. E questi due paesi in breve diventeranno i maggiori produttori mondiali di mohair.

Il termine “mohair” sembrerebbe derivare dall’arabo col significato di “scelto” o “selezionato” in riferimento ad un tessuto molto ricercato. E’ quindi una fibra pregiata, grazie alle sue particolari caratteristiche: ha natura chimica e comportamento simili a quelli della lana, a parte una minore attitudine a infeltrirsi e una maggiore robustezza, e le sue fibre sono note per la loro lucentezza che ricorda la seta e la notevole lunghezza, anche 25cm. Sono fibre molto morbide ed il loro diametro varia tra i 24 e 60 micron, a seconda dell'età della capra. Le giovani capre producono fibre più fini (il cosiddetto Kid Mohair), mentre le capre più vecchie producono anche fibre più spesse e durevoli, utilizzate per tappeti e tessuti robusti. E’ quindi comprensibile come i filati in commercio possano variare moltissimo per qualità, qualità che può essere in qualche modo difficile da identificare soprattutto nei blend di mohair con altre fibre, e da qui la notevole differenza di prezzo. Sono convinta che certe opinioni poco lusinghiere nei confronti del mohair siano proprio dovute ad esperienze sgradevoli con filati di bassa qualità, in cui la fibra tende a perdere tanti peli, a volte tutt’altro che sottili e morbidi!

Un’altra caratteristica importante del mohair è il fatto che assorbe la tintura eccezionalmente bene, risultando in un colore uniforme e duraturo, profondamente incorporato nella fibra, per la gioia di chi si diletta a tingere il filato!

Ma parliamo della capra. E’ carinissima, ha una taglia medio-piccola, raggiunge i 30-40kg. La produzione media di Mohair per capo per anno, derivante da singola tosatura, è di 2,5 Kg di fibra o di 3,5 Kg se derivante da doppia tosatura (primavera e fine estate). Sono animali poco prolifici e molto delicati. Sono soggetti a dermatiti e parassitosi, a causa della densità dei loro bulbi piliferi. Insomma, non parrebbe facile da allevare.

Come accennato precedentemente, i maggiori allevatori di capre d’Angora sono Stati Uniti, Turchia e Sud Africa, e si stima che nel mondo vengano allevati circa 8 milioni di capi. Il Sud Africa vanta una quota di mercato notevole, almeno il 50% della produzione mondiale, ma non sembra avere una buona reputazione, tanto che marchi di abbigliamento molto noti, come Zara, H&M, Lacoste ed altri, nel 2018 hanno rinunciato al mohair nelle loro produzioni, a seguito di un’inchiesta del Washington Post sulla crudeltà degli allevamenti sudafricani. Questo scandalo ha fatto sì che qualcosa cambiasse, con la creazione di uno standard produttivo sostenibile ed etico, anche grazie alla collaborazione con il Textile Exchange, un'organizzazione globale senza scopo di lucro specializzata nello sviluppo di standard complessi basati sulle migliori pratiche sociali e sul benessere degli animali. E nel 2020 in Sud Africa è stato lanciato ufficialmente il Responsible Mohair Standard (RMS), una certificazione che coinvolge tutta la filiera produttiva, a partire dagli allevatori.

Leggere che negli Stati Uniti gli allevatori di questi animali sono soprattutto in Texas mi ha stupito, lo ammetto! Infatti il naturale ambiente di allevamento di questa capra è costituito da aree d’alta quota, caratterizzate da clima asciutto e freddo; pensiamo infatti ai suoi territori d’origine: le montagne del Tibet, gli altipiani dell’Anatolia… più ci si allontana da tale tipologia di ambiente, più questi animali tendono ad ammalarsi. Però ho subito capito di aver preso una cantonata: dico Texas e penso al selvaggio Far West, con gli zoccoli dei cavalli che sollevano la polvere delle lande aride, piene di cactus e crotali… sì insomma, il mio stupore era dovuto alla mia ignoranza in fatto di geografia: a causa delle sue dimensioni, il Texas in realtà è caratterizzato da una notevole varietà climatica, e sia le precipitazioni che le temperature variano con la latitudine e l'altitudine sul livello del mare, quindi non c’è da meravigliarsi più di tanto. Inoltre, dopo la seconda guerra mondiale il Congresso americano aveva promulgato una serie di agevolazioni per la produzione di lana e di mohair destinata alle uniformi dell’esercito. Tali agevolazioni durarono dal 1954 al 1996, ed il Texas arrivò ad avere 10 milioni di pecore e 4 milioni di capre! Oggi i numeri si sono notevolmente ridimensionati, come si può immaginare, anche per la concorrenza di paesi orientali dove la manodopera costa molto poco.

Per restare in tema di geografia, la capra d’angora viene allevata anche in Europa (Francia, Inghilterra, Germania, Svizzera e Italia) ma i volumi di fibra prodotti sono molto modesti.

Domandona. Quanto piace il mohair? A me non dispiace, ma ho avuto modo di notare grandi differenze qualitative tra un filato e l’altro. Per trovare una risposta il più possibile realistica, ho deciso di indagare sull’uso che ne fanno i più noti designers… ad esempio, Joji Locatelli, su 320 disegni l’ha utilizzato solo 26 volte, ovvero circa l’8%!!! Stephen West invece non sembra disprezzarlo: 54 su 514, ovvero il 10,5%. Isabelle Kraemer vanta invece uno striminzito 3%, Andrea Mowry il 4%, Petit Knit alza la media con un notevolissimo 40%. Con Caitilin Hunter torniamo in basso al 7,5%, il 4,5% è per Jennifer Steingass… insomma, potrei andare avanti con altri nomi ma è chiaro che non sia un filato popolare, ma lo stesso potremmo dire della seta, ad esempio. Perché la lana resta comunque la fibra prediletta, è palese.

Ma in quale tipologia di progetti è più opportuno usare il mohair? Una breve ricerca on line vi mostrerà una serie di modelli che hanno in comune leggerezza e trasparenza… Il soffice effetto alone creato dal filato di mohair può donare morbidezza ed eleganza immediate a qualsiasi progetto di maglia, la consistenza morbida del mohair gli consente di drappeggiare magnificamente: da tener presente per sciarpe, scialli o qualsiasi accessorio che richieda un drappeggio lussuoso ed elegante.

Ma ci sono alcune cose da tenere a mente quando si lavora a maglia con il mohair.

UNO È improbabile che troverai un filato di mohair al 100% perché pare che tenda ad allungarsi e non tornare mai alla lunghezza originale; io non ne ho esperienza diretta, ma il concetto mi è chiarissimo, soprattutto dopo aver lavorato della lana superwash. Quindi è questa la ragione per cui la maggior parte del mohair è mescolato con fibre come la seta che aiutano tutto a rimanere al suo posto.

DUE A causa delle fibre lunghe e delicate, disfare la maglia lavorata col mohair può essere un incubo… di contro la sua stessa trama ariosa esalta tanti bellissimi motivi in pizzo, che possono rendere romantica una maglia leggera ed elegante… sì, insomma, non volevo lasciarvi con un’impressione negativa!!!

Molto spesso, però, il mohair, soprattutto se in un filato sottile e mescolato alla seta, viene abbinato ad un filo di lana leggermente più spesso e secco, per ingentilire e magari rendere più morbido e vaporoso il tessuto risultante. Questa combinazione esalta le caratteristiche migliori di entrambi i filati e ne minimizza le controindicazioni. E’ proprio il caso in cui 1+1 fa tre!

Bene, spero che questo breve approfondimento sul mohair vi sia piaciuto! Io vi do appuntamento al mese prossimo con un altro audio-episodio di Parole a maglia.

Tutte le notizie fornite sono disponibili on line:

https://www.craftsy.com/post/knitting-with-mohair/

https://www.mohair.co.za/

https://www.texasstandard.org/stories/texas-wool-mills-hang-on-to-a-tradition/

https://www.washingtonpost.com/news/business/wp/2018/05/01/hm-zara-and-others-ban-mohair-products-after-animal-cruelty-investigation


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